Scoperta da Paolo Emilio Stasi oltre un secolo fa, Grotta Romanelli ha restituito orizzonti antropici relativi al Musteriano e all’Epigravettiano finale, questi ultimi (strati E-A) pertinenti alla facies culturale scoperta qui per la prima volta e denominata "Romanelliano".
Per la stratigrafia romanelliana possediamo più datazioni, problematiche:
-strato B: 11.930±520; strato A: 11.800±600 e 9.050±100 (laboratorio C14 di Roma);
-strato D: 10.640±100; strato C2: 9.790±80; strato A2: 9.880±100 (lboratorio C14 di Groninga).
Grotta Romanelli è stato il primo sito italiano ad aver restituito evidenze figurative paleolitiche, sia mobiliari che parietali.
Le evidenze mobiliari sono 111 (un blocco dipinto e 110 pietre incise), provenienti dal deposito epigravettiano, in maggior parte dallo strato C livello 2. Questa produzione contribuisce alla definizione della fisionomia e della struttura iconografica della facies figurativa romanelliana nel Salento, insieme al repertorio di Grotta del Cavallo. Si presentano qui alcuni esempi significativi.
La cronologia delle incisioni parietali può essere ipotizzata, con buona approssimazione, sulla base del riferimento dei livelli stratigrafici con industrie del Paleolitico superiore finale di facies romanelliana e delle analogie iconografiche tra alcune immagini parietali e i segni geometrici mobiliari.
La produzione di Romanelli, acquisita in più tempi, viene considerata uno degli esempi maggiori della cosiddetta “provincia mediterranea” sensu Graziosi: proprio prendendo le figurazioni di Romanelli come paradigma e le loro analogie con quelle del Parpallò, in Spagna, Graziosi coniò nel 1956 la definizione di “arte mediterranea”.